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Crittografia

 
 
La parola crittografia deriva dall'unione di due parole greche: κρύπτος (kryptós) che significa "nascosto", e γράφειν (gráphein) che significa "scrivere". La crittografia tratta delle "scritture nascoste", ovvero dei metodi per rendere un messaggio "offuscato" in modo da non essere comprensibile a persone non autorizzate a leggerlo. Un tale messaggio si chiama comunemente crittogramma.

Lo studio della crittografia e della crittanalisi si chiama comunemente crittologia.

Approcci storici alla crittografia.

La necessità di nascondere messaggi strategici da occhi nemici è antica quanto l'uomo: ci sono tracce di cifrari antichi quanto gli ebrei con il loro codice di atbash; gli Spartani avevano un loro particolare sistema di comunicazione dei messaggi segreti, la scitala; a Gaio Giulio Cesare si attribuisce l'uso del cosiddetto cifrario di Cesare, un sistema crittografico oggi ritenuto elementare, ma emblema della nascita di un concetto totalmente nuovo e ottimo per comprendere le idee basilari della crittografia e i primi attacchi della sua "avversaria": la crittanalisi.

La storia della crittografia moderna inizia con la stesura del De Cifris di Leon Battista Alberti, che per primo insegnò a cifrare per mezzo di un disco cifrante con un alfabeto segreto da spostare ad libitum ogni due o tre parole. Anche il tedesco Tritemio prevedeva una forma di cifra polialfabetica, facendo scorrere l'alfabeto ordinato di un posto ad ogni lettera del chiaro (come si definisce in gergo il testo non crittato).

Ma il vero progresso nella cifratura polialfabetica è stato compiuto dal bresciano Giovan Battista Bellaso, che ha inventato la tecnica di alternare alcuni alfabeti segreti formati con parola chiave sotto il controllo di un lungo versetto chiamato contrassegno. La sua prima tavola a 11 alfabeti reciproci, uscita nel 1553, fu ripubblicata dal napoletano Giovanni Battista Della Porta dieci anni più tardi e ne prese il nome grazie alla notevole diffusione che ebbe il suo trattato De furtivis literarum notis.

Il francese Vigenère utilizzò poi il versetto per cifrare ciascuna lettera con la sua tavola ad alfabeti regolari identica a quella del Tritemio e che oggi porta il suo nome. Il suo sistema è stato considerato indecifrabile per tre secoli, finché nel 1863 il colonnello prussiano Friedrich Kasiski non pubblicò un metodo per "forzarlo", chiamato Esame Kasiski.

Qualsiasi sia il sistema crittografico utilizzato, la legge fondamentale sul corretto uso di tali tecniche fu scritta da Kerckhoffs ("Legge di Kerckhoffs") nel suo libro del 1883 La Cryptographie Militaire e di seguito riportata: «La sicurezza di un crittosistema non deve dipendere dal tener celato il crittoalgoritmo. La sicurezza dipenderà solo dal tener celata la chiave.»

La crittografia tradizionale moderna
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Nel 1918 Gilbert Vernam maggiore dell'Esercito USA e tecnico all'AT&T Bell, perfezionò il metodo di Vigenère proponendo l'idea di usare chiavi segrete casuali lunghe almeno quanto il messaggio. Successivamente, nel 1949, Claude Shannon, padre della teoria dell'informazione, nel lavoro La teoria della comunicazione nei sistemi crittografici dimostrò che questo è l'unico metodo crittografico possibile che sia totalmente sicuro.

Con il possesso di un sistema crittografico perfetto, la battaglia teorica tra crittografia e crittanalisi si è risolta con una vittoria della prima sulla seconda. Ipotizzando di voler far uso di questa insuperabile protezione, restano però aperti molti problemi di ordine pratico.

Bisogna infatti soddisfare gli stringenti requisiti del cifrario di Vernam: chiave lunga quanto il messaggio e mai più riutilizzabile. Tuttavia si hanno notizie di utilizzi di questo cifrario in ambiente militare (comunicazione con le spie: si veda a proposito One Time Pad), o per la protezione delle comunicazioni del telefono rosso tra Washington e Mosca durante la Guerra fredda. Anche il cifrario trovato nel 1967 sul corpo di Che Guevara è un'applicazione del cifrario di Vernam.

L'attuale ricerca crittografica, avendo risolto il problema teorico della garanzia della sicurezza, si dedica al superamento dei forti limiti d'uso anzidetti. Si cercano metodi più comodi ma ciononostante estremamente sicuri che, possibilmente, utilizzino chiavi corte e riutilizzabili senza compromettere la loro utilità.

Al momento non esiste alcuna tecnica crittografica che si possa definire sicura in senso assoluto, tranne forse il Cifrario di Vernam: tutte le altre tecniche rendono sicuro il dato solo per un certo arco temporale e non possono garantire la durata della segretezza.

Fino a pochi anni fa l'unico metodo crittografico esistente era quello della crittografia simmetrica, in cui si faceva uso di un'unica chiave sia per proteggere il messaggio che per renderlo nuovamente leggibile. Il problema è portare in giro la chiave senza che venga scoperta. La ricerca sulla crittografia simmetrica ha negli anni prodotto sistemi crittografici di tutto rispetto (ultimo tra tutti il cifrario Rijndael, scelto per il nuovo standard Advanced Encryption Standard per essere utilizzato nel prossimo ventennio, sostituendo l'ormai datato Data Encryption Standard).

La crittografia asimmetrica.

La vera novità del secolo scorso è l'invenzione di una tecnica crittografica che utilizza chiavi diverse per cifrare e per decifrare un messaggio, facilitando incredibilmente il compito di distribuzione delle chiavi. Infatti in questo caso non è necessario nascondere le chiavi o le password: c'è una chiave per crittografare, che chiunque può vedere, e una per decifrare, che conosce solo il destinatario senza necessità quindi di riceverla (scambiarla) dal mittente. In altre parole, se A vuole ricevere un messaggio segreto da B, manda a B una scatola vuota con un lucchetto aperto senza chiavi. B mette dentro il messaggio, chiude il lucchetto, e rimanda il tutto ad A, che è l'unico ad avere le chiavi. Chiunque può vedere passare la scatola, ma non gli serve a niente. A non deve correre rischi con le sue chiavi.

 

Nel 1976 sono stati due esperti, Whitfield Diffle e Martin E.Hellman, della Stanford University, a introdurre l'utilizzo della chiave pubblica per la crittazione e l'autenticazione; nell'anno seguente il gruppo di ricerca del MIT formato da Ronald L.Rivest, Adi Shamir e Loenard M.Adleman realizza il primo sistema a chiave pubblica, in questo modo viene ideato l'algoritmo RSA.

Il funzionamento di questo sistema è basato sul fatto che è matematicamente e computazionalmente molto facile moltiplicare due numeri primi (che singolarmente rappresentano la chiave privata, quella che solo A conosce per decifrare), ma è invece molto difficile il problema inverso ovvero risalire ai fattori primi del numero ottenuto dal precedente prodotto (che invece rappresenta la chiave pubblica che chiunque può vedere e che si usa per crittografare).

Siccome la crittografia asimmetrica è molto lenta se si devono spedire grandi quantità di dati, spesso si usa questo tipo di crittografia per scambiarsi una chiave con cui iniziare una comunicazione in crittografia simmetrica, molto più semplice, veloce e sicura.

Rientra nell'ambito della crittografia asimmetrica anche la promettente crittografia ellittica.

La crittografia quantistica.

L'evoluzione dei sistemi crittografici, uniti all'evoluzione della fisica teorica hanno permesso di realizzare un cifrario di Vernam che si basa sull'utilizzo della meccanica quantistica nella fase dello scambio della chiave. Il vantaggio di questa tecnica consiste nel fatto di rendere inutilizzabili gli attacchi del tipo man in the middle: cioè, se durante lo scambio della chiave qualcuno riuscisse ad intercettarla, la cosa diverrebbe immediatamente evidente sia a chi emette che a chi riceve il messaggio.

Problemi di sicurezza.

In realtà il problema della sicurezza riguardante la comunicazione non è del tutto risolto con questo tipo di crittografia, perché non si può essere certi che la chiave (per esempio una chiave presente sul keyserver) appartenga davvero alla persona nominata nell'intestazione della chiave stessa. Una soluzione resta sempre il contatto fisico tra i due interlocutori, i quali, scambiandosi le chiavi pubbliche hanno una reciproca autenticazione.

PGP, il primo sistema crittografico di massa che si avvale delle idee della crittografia asimmetrica consiglia, dopo essersi scambiati le chiavi per e-mail o altro mezzo, di telefonarsi e di leggersi i fingerprint (letteralmente "impronte digitali"), ovvero un codice (codice di hash) associabile in modo sicuro alla chiave stessa, ma da cui non si può ricavare la chiave; in questo modo, riconoscendo le rispettive voci, si certifica anche la validità della chiave ottenuta.

Un altro problema da non escludere è quello dell'effettiva protezione della chiave privata: questa infatti risiede nel disco rigido del proprietario ed è generalmente cifrata con una password (quindi con crittografia simmetrica). Data la relativa semplicità di accesso alla chiave (basta inserire una password per "sbloccarla"), con particolari trojan/keylogger programmati ad-hoc è quindi possibile ricavare dal PC della vittima sia il file contenente la chiave privata sia la password per utilizzarla, violando a tutti gli effetti l'efficienza della crittografia asimmetrica.

 



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